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Lo stile

Lo stile

Lo stile.
Esistono vari modi per ambire al perfezionamento di un proprio stile che sia l'espressione di una personalità davvero unica, in qualunque forma d'arte, sia essa figurativa, musicale, eccetera.
Non appena la selezione naturale avrà implacabilmente eliminato gli inadatti, i poco convinti e gli ignavi, solitamente occorrono vari passaggi affinché i rimanenti possano giungere alla padronanza della tecnica necessaria a costruire lo scheletro della propria "macchina artistica".

Essa sarà frutto di sudore, sacrificio e profondo studio, laddove la determinazione a raggiungere l'obiettivo finale è solitamente - ma non necessariamente purtroppo - proporzionale al risultato ottenuto. I più fortunati - e così sempre dovrebbe essere - avranno a guida dei Maestri, i meno fortunati e gli autodidatti si muoveranno per tentativi e per imitazione, destinati ad impiegare il triplo del tempo per conseguire, e neanche così bene, parte dei risultati dei primi, mentre i rarissimi talentuosi per nascita saranno prepotentemente agevolati nell'impresa dal loro forte istinto che guida la loro naturale attitudine.
Ma una volta acquisiti faticosamente gli strumenti per creare, un vero artista potrà necessariamente distinguersi dalla massa solamente se riuscirà a sviluppare un suo "stile" che lo renda immediatamente distinguibile da tutto ciò che c'è stato prima.
Talvolta, viceversa, succede che ciò possa addirittura influenzare gli artisti futuri e indurli a ispirarsi a lui, per seguire e, infine, sviluppare tale nuova vena artistica.
La storia insegna che, nelle arti, pochissimi sono coloro che sono riusciti in tale impresa tra le moltitudini che vi hanno tentato. La scuola sin da piccoli ci insegna prima a "riconoscere" la loro arte e poi a "rispettare" questi giganti dell'umanità.
Di seguito due esempi di due giganti nella propria arte, musicale e pittorica, rispettivamente, che mostrano come il loro inconfondibile "stile" ci colpisca prepotentemente come un pugno al primo nostro contatto con la loro arte e resta incredibilmente la prima cosa che arriva ai nostri sensi riuscendo addirittura ad anticipare l'opera in sé, anche quando essi "copiano"  - per modo di dire - perfettamente un capolavoro di intrinseca e inalterabile bellezza.
Solo due esempi per esprimere, infine, due mie ultime considerazioni:
La prima considerazione:
- essi testimoniano appunto la potenza dello "stile" - da "stilo" che richiama all'originalità della calligrafia - che, se per alcuni fortunati è un innato dono di originalità dell'Onnipotente, per i più ostinati è, e resterà sempre, un lontano ma rispettabile obiettivo, degno degli sforzi di una vita, seppur collocato ahimè all'orizzonte del proprio sguardo.

La seconda:
- non c'è assolutamente niente di male, anzi, nel riproporre un soggetto o un'opera di un altro artista:  laddove non sia un "prendere" e realizzi dunque o l'intento di un omaggio oppure sia eseguito per la soddisfazione personale intrinseca all'atto stesso, può essere anche un "dare", quale arricchimento di una ulteriore pennellata originale di un nuovo elemento "unico" nel suo genere all'opera, se è espressione del magistrale tocco di un altro artista.
Nel link:

https://youtu.be/j2S321khkWI?si=1gUnuIDq8irIsimL

Il grandissimo Jeff Beck in "Little Wing", capolavoro di Jimi Hendrix, laddove la padronanza della leva della sua strato colora di nuova luce un pezzo iconico imitato da molti, ma reso originale da pochissimi.
In foto:
Vincent Van Gogh ripropone nel 1890 un'opera di Gustav Dorè - famoso per l'illustrazione della Divina Commedia - "La ronda dei carcerati", per esprimere la profonda alienazione che stava vivendo in quel periodo di permanenza in un istituto psichiatrico e che lo porterà subito dopo al suicidio. Forse l'unico personaggio centrale dell'opera senza berretto è proprio lui, con lo sguardo perso, completamente disperato.
In entrambe le opere, gli artisti, hanno però dipinto la speranza sotto forma di due farfalle - due perché la speranza spesso è legata all'amore secondo me - ai nostri occhi insetti insignificanti seppur belli, ma, agli occhi dei reclusi, potenti esseri viventi liberi e capaci di oltrepassare i giganteschi muri di recinzione, atti ad imprigionare anche lo sguardo, solo con pochi battiti d'ali.
O impariamo a riconoscere la bellezza ovunque la incontriamo ed a riflettere sull'importanza dell'Arte per la vita dell'uomo o lasceremo che l'intelligenza artificiale ci induca ad ammirare la terza immagine.


Un caro saluto al mio Maestro di musica e grande amico Giorgio Khawam che mi ha ispirato tali pensieri seppur banali di fronte alla grandezza della sua padronanza musicale e didattica marziale.

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