fbpx

Il "diritto di resistenza" di Gennaro Cassiani sempre attuale

Quando nel 1925 il Fascismo disvelò il vero volto totalitario con l’adozione delle note leggi liberticide, Gennaro Cassiani, circa due mesi dopo che Benedetto Croce e Giovanni Amendola avevano pubblicato “Il Manifesto degli antifascisti”, discusse la sua tesi di laurea in diritto costituzionale dal titolo: “Il diritto di resistenza individuale e collettivo. Il diritto alla ribellione”, suscitando grande impressione nell'ambiente accademico partenopeo e non solo, in considerazione anche dell’evidente clima politico del momento.

Il futuro ministro arbëresh della Dc, appena ventunenne, sostenne sul piano logico-giuridico che “il singolo ha il diritto di non obbedire ad atti dello Stato che importino limitazioni maggiori di quelle previste dalla legge... Conseguenza di questo diritto individuale è un diritto collettivo. Se il diritto positivo ammette la resistenza e la ribellione all'arbitrio del pubblico ufficiale, non deve nello stesso modo essere riconosciuto ai cittadini, al popolo, come sacrosanto e legittimo il diritto di resistenza e di ribellione all'arbitrio dell'autorità suprema dello stato?”.
Ed ancora, il Cassiani, nell'ottica della visione contrattualistica di matrice illuministica, giunse alle conclusioni che: “Quando non è più l'agente che soverchia i confini della sua funzione, ma sono invece i poteri dello stato, nelle sue più alte sfere, che sotto l'egida delle legge attentano alla vita dei cittadini, allora è la collettività che richiede a gran voce il suo diritto di legittima difesa; è il popolo che, lacero sanguinante, impugna le armi per difendere la costituzione violata”.
La storica questione del diritto alla resistenza dei popoli, coraggiosamente affrontato dal giovane Spezzanese, tema ricorrente nel dibattito ius-pubblicistico dei paesi democratici europei di allora, venne proposto durante i lavori dell'Assemblea Costituente tra 1946-1947, da Don Giuseppe Dossetti, il quale, ritenendo il diritto alla ribellione direttamente connesso al concetto di sovranità popolare, introdusse l'art. 3 del progetto di Costituzione che prevedeva testualmente: “La resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino”.
Malgrado nella sotto-commissione l’art. 3 del Progetto venne approvato con soli due voti contrari e un’astensione, nel passaggio in Assemblea, tuttavia, non si ebbe più né la correlazione tra gli artt. 2 (principio sovranità popolare) e 3 del Progetto né, soprattutto, il supporto dei democristiani, (storicamente favorevoli al principio illuministico) allarmati da una possibile rivoluzione proletaria.
Il diritto di resistenza, quindi, venne inserito, invece, nell’ambito del Titolo IV, relativo ai rapporti politici e, in particolare, nell’art. 50 per il quale “Ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore le funzioni che gli sono affidate”. I padri costituenti introdussero il comma 2 (art. 50): “Quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”.
Nel maggio 1947, allorché la discussione si svolse nel plenum dell’Assemblea Costituente, si levarono da più parti perplessità dovute non tanto al principio sotteso al diritto di resistenza, ma piuttosto, come già avvenne in sede di sottocommissione, all’opportunità del suo inserimento nella Costituzione.  
Fu l'intervento decisivo di Costantino Mortati, il grande giurista di origine arbëreshe, a chiudere la questione, determinando l’estinzione del dibattito sulla resistenza, e la causa della relativa soppressione del secondo comma dell’art. 50 del Progetto, spiegando le ragioni dell’opposizione  alla costituzionalizzazione del principio del diritto alla resistenza. Egli rilevò, infatti, che, qualora si considerasse il diritto di resistenza come esercitabile nei confronti di singoli atti del potere esecutivo, allora “è possibile che la legge stabilisca il diritto di resistenza individuale senza bisogno di una norma costituzionale”; qualora poi il diritto di resistenza venisse riferito come diretto contro le supreme cariche istituzionali, occorrerebbe altresì rilevare la presenza nel testo costituzionale di altre garanzie volte a preservare il sistema dagli arbitrii di tali poteri, mentre “un diritto di resistenza potrebbe configurarsi, al limite, dopo l’esaurimento di tali garanzie, e qualora persino la Corte costituzionale convalidasse l’atto arbitrario; ma, in tal caso, la resistenza assumerebbe un carattere metagiuridico e, quindi, non sarebbe opportuno disciplinarla nel testo costituzionale”.
Da qui il testo definitivo della Costituzione italiana, senza l’inserimento del diritto alla resistenza, il cui principio venne formalizzato, invece, in diverse costituzioni liberal-democratiche straniere. Anche dopo l’approvazione della “Magna Carta italiana” il tema del diritto alla resistenza è rimasto vivo nel dibattito dottrinario che lo ritiene immanente rispetto l’ordinamento giuridico repubblicano.
In tale contesto è veramente sorprendente l’attualità delle argomentazioni logico-giuridiche dell’illustre avvocato Spezzanese che anticipò circa un secolo fa.

© Riproduzione riservata



Abbonati a dirittodicronaca.it

Caro lettore, cara lettrice,
ci rivolgiamo a te sottovoce, per sottolineare il senso di gratitudine che, con il tuo continuo interesse, hai dimostrato durante questi anni di attività ininterrotta di informazione che DIRITTO DI CRONACA ha gratuitamente garantito sul Territorio dal 2009. A giugno 2020, nel pieno della pandemia, abbiamo chiesto un sostegno economico libero per far fronte a nuovi oneri economici e poter garantire il servizio di informazione. I risultati, purtroppo, non sono bastati a coprire tutte le spese. A quei pochi sostenitori, però, va il nostro profondo senso di gratitudine e di riconoscenza.
Quanto fatto potrà avere un seguito solo se ogni utente lo vorrà davvero, dimostrandolo fattivamente, anche se in maniera puramente simbolica: sostenendoci con l'irrisorio contributo di un solo caffè al mese. Questo darà la possibilità di accedere a tutti i contenuti della nostra piattaforma di informazione, che sarà resa più fruibile e più "smart" e arricchita di nuovi approfondimenti e nuove rubriche che abbiamo in cantiere da tempo ma che non abbiamo potuto realizzare per carenza di fondi.
Ti ringraziamo di vero cuore sin d'ora per quello che farai per sostenere Diritto Di Cronaca.

NON STACCARCI LA SPINA... AIUTACI A MANTENERTI SEMPRE INFORMATO!
Emanuele Armentano


abbonati per 6 mesi

abbonati per 12 mesi


Torna in alto

Video di Approfondimento

ozio_gallery_lightgallery

Sport

Editoriali

Rubriche

Informazioni

Partners