Senise (FI) ribatte piccato alle accuse di Silella sul cimitero a Castrovillari In evidenza
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CASTROVILLARI – (Comunicato stampa) «Il consigliere Silella parla a vanvera». Così il coordinatore cittadino di Forza Italia Castrovillari, Roberto Senise, esordisce nella missiva di replica a quanto affermato dal consigliere comunale Maria Silella in tema di assegnazione delle cappelle gentilizie nel cimitero di Castrovillari. «Prendiamo atto -dice Senise- che lo stato confusionale del Governo Renzi abbia influito negativamente contagiando anche l’Amministrazione di Castrovillari. Ho riflettuto molto se rispondere al cons. Silella oppure al reale fautore del documento, sempre con lo stesso livore che caratterizza negativamente l’intera amministrazione comunale. Tengo a precisare -dice-, alla disattenta e sprovveduta cons. Silella, di aver ricoperto più volte il ruolo di consigliere comunale, di essere stato Capogruppo in Consiglio Provinciale nonché Sindaco di una importante città.
Il cons. Silella, alle prime armi, non ha dato riposta ai nostri interrogativi riferiti allo stato di degrado in cui versa il cimitero nonché ad una autorizzazione rilasciata nell’anno 2016. Lo stato confusionale e lacunoso della Silella si accentua sulla presunta capacità di amministrare la cosa pubblica di persone locali, ignorando che lei stessa fa parte di un governo e nel cui interno vi sono amministratori le cui radici ed esperienze amministrative ricadono in comuni viciniori. Questo principio vale solo per Forza Italia e perché non per il Partito Democratico?». E dopo le puntualizzazioni Senise passa ai documenti: «In riferimento al regolamento cimiteriale, modificato con Del. del consiglio comunale n.6 del 18/02/2014 a guida Lo Polito di cui conosciamo perfettamente, a proposito di sciocchezze comunicate a mezzo stampa, è bene già da subito confutare alcune inesattezze proposte anche in modo abbastanza bizzarro del cons. Silella relativamente alle strane determine che si stanno adottando in materia cimiteriale. Determine riferite all’anno 2014 che la stessa ha evidenziato e Febbraio 2016, di cui la cons. ha omesso di denunciare, ricordando alla stessa che un atto dirigenziale se non conforme agli organi di indirizzo, l’amministrazione di cui la cons. fa parte integrante, ha l’obbligo della vigilanza e della revoca in autotutela. Da come riportato nel documento della Silella, “chi non ha rispettato la legge non può rivendicare nulla. E questa amministrazione non può certo rispondere per ingiustizie che altri hanno generato”, se le sue affermazioni corrispondessero al vero, è molto grave che la stessa non abbia provveduto alla denuncia alle autorità competenti.
Il regolamento cimiteriale -aggiunge Senise-, di cui la stessa consigliere riconosce “alcune incongruenze”, non è esente da lacune teologiche ed estensive, che quindi non solo possono ma devono essere colmate. Risulta chiaro da un esame complessivo dello stesso che quando si fa riferimento alla famiglia di origine, di cui all’art. 2 comma 2, ai fini dei criteri generali per la concessione dei lotti, ciò non può essere considerato in maniera tanto lata da potervi ricomprendere le categorie di cui al successivo art. 7 non a caso pensato per il diverso diritto di sepoltura. Per inciso anche a questo proposito il cons. dimostra di non conoscere il regolamento quando parla di affini entro il secondo grado e non entro il terzo come scritto nel regolamento.
Pensare ad un parametro del genere, relativamente alla concessione di lotti, significherebbe postulare un monstrum, poiché valutando l’estensione in grado dei parenti in linea retta, presumibilmente senza limiti, di quelli collaterali entro il quarto grado, degli affini entro il terzo e di qualsiasi soggetto che si riferisca alla famiglia, significherebbe ammettere in iure ed in facto che tutto il paese possa esercitare tale diritto in maniera indistinta ed indiscriminata, quindi al di fuori di qualsiasi logica riferita al concetto di famiglia in senso giuridico, sociologico ed antropologico. Per contro, ai fini della concessione in criterio da seguire, è di certo quello dello stipite comune, cosa che viene fatta quando si riferiscono ad es. alle cappelle gentilizie con una particolare destinazione familiare.
Non spiega la cons. perché nel caso de quo dovrebbe seguire una diversa direttiva.
Esiste al riguardo un copioso corpo di regolamenti e di circolari su vasta scala che evidentemente il cons. dovrebbe leggere prima di parlare confusamente di gradi genealogici ed affinità.
Ma indipendentemente da ciò, per ogni chiaro confronto, di chi è abituato a parlare a vanvera, se si effettua una comparazione riferita al passaggio dei titoli nobiliari nell’ambito della stessa famiglia, ed ecco che ne torna l’accezione, ciò lo si fa pensando per l’appunto allo stipite comune. In questi casi ed in altri comuni si muove sempre dal certificato di famiglia storico rilasciato dallo stato civile nel quale non risulteranno mai comprese tutte le categorie familiari e successorie erroneamente indicate dalla Silella, ma solo quelli che già in diritto romano venivano chiamati eredi sui et necessari».
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Emanuele Armentano