L'assurda vicenda di una prof per tornare in Italia In evidenza
- Scritto da Alessandro Amodio
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- Pubblicato in Esaro Cronaca
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SAN MARCO ARGENTANO - Rosanna Garofalo, docente di lingue straniere, ha appena vissuto una storia assurda: forse la più incredibile che si potesse avere ai tempi del covid-19. Partita per gli States per coronare un sogno, acquisire – tramite un progetto didattico con l’Onu – la cittadinanza americana, alla fine di tante peripezie capitatele s’è ritrovata sballottata in giro per aeroporti e città a “stelle e strisce” e quasi come una persona “senza fissa dimora” costretta a trascorrere tanto tempo tra voli, attese snervanti in aeroporto e patendo di tutto e di più.
Rovesciato in un sol colpo il suo stato d’animo: l’entusiasmo di avere una “green card” per quella cittadinanza tanto sognata, s’è trasformato - per le tante vicende inverosimili - nella sola voglia di tornare al più presto nella “sua” San Marco Argentano. Un vero e proprio incubo che hanno visto spezzarsi un sogno soprattutto a causa di questa pandemia, ma che l’hanno fatta scontrare anche con le differenze sociali esistenti. Rosanna è finalmente tornata a San Marco la sera di martedì 5 maggio. È dal 18 marzo, però, quasi cinquanta giorni prima, che a cause di mille pastoie anche burocratiche non è riuscita a tornare in Italia. Parafrasando una nota canzone, si sente “confusa e felice” ma è molto amareggiata e soprattutto disorientata. Cosa ti ha ferito di più? «L’essermi sentita abbandonata dalle Istituzioni, nonostante le molteplici telefonate e mail avute con la Farnesina, con l’Ambasciata ed il Consolato a cui mi sono rivolta, sono inorridita di come sia stata trattata una cittadina italiana». «A Chicago – racconta – dove avevo la mia residenza collegata al progetto didattico, sono giunta a febbraio convinta d’ottenere quanto prefissato dal 2015, all’epoca con diverse “interview” con la realtà statunitense. «Subito dopo l’8 marzo – prosegue – è iniziato il lockdown per il covid-19 e dal 12 ho cominciato a muovermi per tornare sapendo però di dovermi spostare a New York con un volo diretto per Roma. Il 18 marzo ne prendo uno Chicago – Ontario con scalo a Phoenix ma quello per New York viene cancellato. Trascorro dieci giorni da alcuni amici, già in preda alla disperazione. Decido così di tornare indietro a Chicago. Dopo alcuni giorni m’imbarco stavolta per Dallas e dopo una notte trascorsa in aeroporto non riesco a raggiungere la “Big Apple”, tornando per la terza volta a Chicago. Tra il 24 aprile e il 25 decide di fare un appello televisivo «Il video arriva a Cosenza e lo vedono tramite “Ten”: sono in molti a restare “choccati”». Smagrita, segnata in volto, provata da tutti i punti di vista, Rosanna viene contattata pure da un giornalista di Rai Calabria. Il 1° maggio, però, perde la “residenza” a Chicago e decide – sebbene le tante spese a cui è stata costretta - di raggiungere così Miami, la “East Coast”. «Ma dopo sei ore di volo – prosegue allibita – mi dicono: niente aerei per l’Europa». Il sonno non sa più cosa sia, ma ci sono altre dodici ore da fare in aereostazione e soprattutto la paura di non farcela. 2 maggio: dopo nove ore di trovare giunge a Londra. Ma c’è una differenza. «Negli Usa si poteva uscire ma c’era il distanziamento sociale, le mascherine, i guanti. Lì è una calca enorme e la paura d’ammalarsi ti assale». Altre sei ore nell’aeroporto londinese e, il 4 maggio, il sospirato volo per Roma. Completamente sfinita, il suo unico desidero è rientrare a San Marco. Niente voli diretti per Lamezia, nessun treno o autobus, solo un’auto da noleggiare dopo essersi registrata per rientrare in Calabria. A Frascineto, area per il tampone, non c’è nessuno. Prosegue, arriva ma non può riabbracciare i suoi genitori. E pur senza alcun tampone, che ancora sta aspettando, c’è solo la quarantena da fare prima di smaltire, forse, questa brutta vicenda.
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Emanuele Armentano