Origini della cultura occidentale
- Scritto da Mario Bosco
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Nello specchio di mare tra la Grecia e la Turchia esiste un gruppo di isole abitate, tra il VI e V secolo a.C., da una popolazione di mercanti che, per interessi economici, si spostavano sia verso Est che verso Ovest, venendo a contatto con popoli che avevano sviluppato conoscenze e competenze sia di tipo matematico che astronomico.
Pensiamo agli Assiro-Babilonesi che abitavano la Mesopotamia (l’attuale Iran) o ai Medi o agli Egiziani, i quali avevano sviluppato un sistema di matematica e geometria molto utile per stilare calendari o per la misurazione delle terre in Egitto dopo le inondazioni del Nilo.
Tuttavia tali conoscenze o erano finalizzate a scopi religiosi o a fini pratici, come lo stabilire i confini degli appezzamenti di terreno.
Dal punto di vista astronomico, i più avanzati erano i Medi i quali avevano stilato delle vere e proprie tabelle del percorso degli astri, riuscendo a prevedere con precisione le eclissi di sole e di luna.
I contatti con queste popolazioni misero i Greci nella possibilità di impossessarsi dei risultati ottenuti per utilizzarli non solo dal punto di vista pratico, ma e soprattutto dal punto di vista teorico, maturando una riflessione che li avrebbe portati da quel momento in poi ad elaborare varie teorie sull’origine del mondo e sul valore delle cose.
Nasce così la filosofia fondata non più sui miti religiosi, ma su riflessioni che potessero giustificare razionalmente la realtà senza ricorrere, come avevano fatto altri popoli, ad interventi divini. Naturalmente non avendo strumenti raffinati per esplicitare il loro pensiero si basavano sull’esperienza che facevano attraverso l’osservazione sensibile e attraverso la riflessione giungevano ad elaborare una teoria che oggi ci fa sorridere, ma che allora aveva una grande valenza.
Pensiamo a Talete, matematico, astronomo, ingegnere di cui si raccontano molti aneddoti, alcuni dei quali veritieri come la previsione di un’eclissi solare verificatasi il 28 maggio del 585 a.C. o la deviazione del corso di un fiume durante la guerra contro Ciro il grande. Ebbene Talete, sulla base della sua esperienza, affermò che alla base di tutto c’è l’acqua, avendo notato che dove c’era l’acqua la vegetazione era rigogliosa.
Però ben presto altri filosofi immediatamente successivi diedero vita ad una controversia che ancora oggi sembra non definitivamente risolta: il problema dell’ESSERE e del DIVENIRE, che implicava un nuovo tipo di ragionamento che portava oltre la realtà sensibile per inoltrarsi in quella categoria che oggi chiamiamo METAFISICA, termine greco che significa oltre la natura cioè al di là del sensibile.
Così Parmenide parla di un essere eterno, imperituro e immutabile che si contrappone alla realtà mutevole e caduca, mentre un contemporaneo, un certo Eraclito, sostiene la teoria del “PANTA REI” (tutto scorre) sostenendo il divenire continuo delle cose.
Chi ha ragione? Nessuno dei due o tutti e due, perché ancora nonostante siano passati venticinque secoli non siamo riusciti a definire quale sia la verità.
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Emanuele Armentano