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Trent'anni dopo "Mani pulite" cosa è cambiato?

Il 17 febbraio 1992 con l'arresto a Milano del socialista Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, cominciò la stagione giudiziaria di “Mani Pulite”, il cui filone investigativo ha determinato circa 5 mila indagati, di cui 1408 di essi condannati, mentre 544 sono stati assolti e 448 prosciolti per prescrizione (o in pochi casi per amnistia o morte del reo).

Tangentopoli rappresentò la più grande indagine giudiziaria sulla corruzione mai svolta in Italia, che oltre a processare un gran pezzo dell'imprenditoria nostrana, azzerò il sistema politico italiano, il quale, dopo trentanni, rimane tuttora in crisi a causa di un'inarrestabile decomposizione dei partiti e dell'assetto parlamentare, essendo incapace di rigenerarsi, nonché avviare un processo di recupero di quella centralità, assolutamente essenziale, all'interno dell'ordinamento democratico.
Gli effetti (pericolosi) di “Mani Pulite” e dell'azione della Magistratura italiana negli ultimi decenni sono stati quelli di generare uno squilibrio tra i Poteri dello Stato a danno soprattutto della Politica, subendo, ciclicamente, di fatto, un commissariamento delle proprie prerogative.
Ulteriore fenomeno degenerativo, consolidatosi durante tangentopoli che ha inciso (e tuttora incide) sulla vita dei cittadini è costituito dal ricorso costante allo strumento penale cioè quello di ritenere che ogni comportamento riprovevole debba essere sanzionato penalmente. L'anzidetto atteggiamento legislativo, reiterato negli ultimi decenni, ha comportato un soffocamento della società civile da norme di natura penale che di fatto hanno bloccato la giustizia ed in particolare quella penale.
Per tale motivo, negli ultimi anni si registra un crescente discredito da parte della opinione pubblica nei confronti della Magistratura, tant'è che il Presidente della Repubblica, nel discorso d'insediamento di pochi giorni fa, ha detto: “...mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia ...Nella salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della magistratura -uno dei cardini della nostra Costituzione- l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini”.
Il tema al tappeto, dunque, non riguarda l'autonomia della Magistratura (che nessuno intende mettere in discussione), bensì quello della credibilità della Giurisdizione ed in particolare l'indipendenza della “Magistratura Giudicante” rispetto la “Magistratura Inquirente”.
L'anomalia tutta italiana sta nel fatto che il ruolo cruciale e centrale sia assunto, ormai, dalle Procure della Repubblica (Magistratura inquirente), laddove naturalmente dovrebbe averlo, invece, la Magistatura Giudicante nel senso che è il Giudice a stabilire ciò che è lecito o deve accertare la responsabilità dei cittadini, mentre i Pm devono limitarsi a svolgere le indagini e, sulla base degli elementi raccolti, formulare un'ipotesi accusatoria.
Il fenomeno giudiziario allarmante che si è verificato in questi trentanni risiede nello spostamento dell'attenzione sull'indagine di modo che, quest'ultima, esaurisce l'interesse dei media, dell'opinione pubblica e della politica, anticipando valutazioni e conclusioni fondate su un'ipotesi accusatoria che dovrà essere confermata nel dibattimento. Invece, la predetta fase, veramente nodale del processo penale, perché in essa si misurano e scontrano le posizioni processuali, non interessa più a nessuno.
Tutto ciò ha portato, alla lunga, ad una crisi di credibilità della Giustizia, poiché i cittadini, in tale contesto, non credono nella terzietà e indipendenza del Giudice, atteso che le sentenze che emettono non hanno più quella forza e peso che dovrebbero avere.
Per recuperare tale credibilità non è più procrastinabile l'introduzione della separazione delle carriere in magistratura, sistema più diffuso nei paesi democratici occidentali, anche perché con la modifica dell'art. 111 della Costituzione, il Giudice deve essere equidistante dalle altre parti processuali. Predetta equidistanza non può esserci di fatto se il Giudice è un collega del Pm, hanno svolto lo stesso concorso, hanno la stessa formazione o fanno parte la stessa organizzazione rappresentativa.
Un ulteriore aspetto della riforma dovrebbe riguardare la previsione della responsabilità professionale del Magistrato (cosa diversa rispetto la riforma della responsabilità civile delle toghe) che eliminerebbe l'automaticità della progressione della carriera, legandola, invece, ad una valutazione dei risultati conseguiti dal magistrato nella sua attività giudiziaria.
Riequilibrare la Giurisdizione sarà un fattore determinante per facilitare un riequilibrio del sistema dei poteri dello stato.

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