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Anna De Blasi

Anna De Blasi

Ecco perché non ti ho mai chiamAuguri Ginevra

La vita pur nella sua contraddittoria complessità molte volte si alimenta di semplice regole, o se vogliamo ”verità”, una di queste è il diritto all’infanzia. Non sempre però esso è garantito. Troppe infanzie vengono negate, se pur in modo diverso: dalla negazione della stessa sostituita dal lavoro, alle morti violente causate, la malattia, le guerre, le perdite. In un contesto normale, o percepito come tale, altre possono essere delle violazioni dell’infanzia, che se pur meno tragiche di quelle appena citate, hanno il loro peso.

Io, Sally

Sally è la mia amica egiziana. È una mamma che ho conosciuto all’asilo frequentato da mia figlia. Sally è di fede musulmana, io sono atea. Sally parla poco, ma bene, l’italiano, io poco e male l’inglese. Sally è velata, io, per lo più, scollata, anche in terra di Lombardia e anche in Autunno. Sally non si trucca, io senza trucco mi sentirei nuda. Io e Sally passiamo i nostri pomeriggi, con rispettiva prole, al parco, e, a volte, andiamo a prenderci un aperitivo: succo per lei, birra per me. Io e Sally, malgrado i problemi linguistici, ci capiamo, parliamo un assurdo gramlot fra inglese ed italiano.

Io, Ginevra e il sistema

Anche in terra di Lombardia esistono delle domeniche autunnali bellissime, in cui il sole di questa splendida stagione sembra volerti abbracciare. E’ un peccato, anche per la mia proverbiale pigrizia, starsene a casa. Soprattutto se in un momento di infinita vanità ci si è dedicati ad un trucco perfetto, quasi da settimana della moda (giusto per restare in tema con il capoluogo lombardo) e non volendo sembrare ai miei stessi occhi il protagonista de “l’inquilino del terzo piano” di Polanski (uomo si vestiva da donna, curando i minimi particolari di trucco e parrucco per poi restarsene a casa, o al massimo andare al parco a schiaffeggiare bambini), amo i disadattati ma non sempre mi piace essere una di loro, mi sono decisa ad uscire, con prole a seguito. C’era una specie di festa, tipo un rodeo texano, e stand, e gente, e innumerevoli bimbi, e Ginevra urlante, concitata, bellissima, felice.

Le opinioni di un donna più che trafelata

Più che trafelata sono indignata, più che indignata sono sgomenta, più che sgomenta sono atterrita. E’ successo ancora: una donna, una giovane donna, una ragazzina di sedici anni è stata uccisa da chi diceva di amarla. Il termine “fidanzatino” mi è odioso, fa pensare a Prèvert, rimanda alla tenerezza e alla magia del primo amore, rimanda ad un sogno idilliaco e romantico, ma niente mai di romantico potrà esserci nella violenza. Ora, come sempre, come troppo spesso succede, nei vari talk, così come nelle strade e nei bar, tutti giuristi dell’ultima ora, tutti novelli Cesare Beccaria a discorrere, banalmente, “dei delitti e delle pene”. La folla addita “il mostro”, quella stessa folla che farebbe bene a stare a casa propria. Perché quel “mostro” così come la vittima sono i nostri figli. Figli di una cultura ancora patriarcale e maschilista, dove la parità di genere sembra essere un privilegio per signore borghesi dell’alta società.

Anche Paolo Villaggio ci lascia

“La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca: 92 minuti di applauso”, battuta cult del “Secondo tragico Fantozzi” (a parer di chi scrive, e non solo mio credo, un capolavoro della cinematografia mondiale) è l’emblematico applauso che rivolgo al mio mito di sempre: Paolo Villaggio. Morto oggi. E’ stato, Villaggio, con il suo Fantozzi l’ultima maschera italiana. Una maschera comica, grottesca, surreale, satirica. Una fotografia dell’impiegato statale (e del suo peggio): ruffiano, vessato, mediocre, cinico, disincantato, eternamente innamorato della collega approfittatrice e seducente, così come eternamente “stimato” dalla moglie.

Ginevra e Mia

Ginevra e Mia sono due bimbe di tre anni e mezzo l’una, di non ancora tre l’altra. Ginevra e Mia sono amiche, come si può esserlo a quell’età: un misto di opportunismo e entusiasmo e tenerezza e rabbia definisce il loro legame. Ginevra e Mia sembrano voler dare ragione ad Oscar Wilde: “Le donne si chiamano sorellina solo dopo essersi chiamate in tanti altri modi”. Ginevra e Mia potrebbero scatenare l’inferno per una bambola ambita da entrambe, anche se attorno a loro ci sono altri tremila giocattoli. Ginevra e Mia non stanno mai ferme o zitte. Si abbracciano, ballano assieme, cantano, litigano, e poi si riabbracciano, tutto nello stesso istante. Uscire con Ginevra e Mia è divertente e stancante: è un marasma di emozioni e crisi mammesche. Ginevra e Mia cresceranno, e forse saranno ancora amiche.

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