Io, Sally
- Scritto da Anna De Blasi
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- Pubblicato in Diario di una donna trafelata
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Sally è la mia amica egiziana. È una mamma che ho conosciuto all’asilo frequentato da mia figlia. Sally è di fede musulmana, io sono atea. Sally parla poco, ma bene, l’italiano, io poco e male l’inglese. Sally è velata, io, per lo più, scollata, anche in terra di Lombardia e anche in Autunno. Sally non si trucca, io senza trucco mi sentirei nuda. Io e Sally passiamo i nostri pomeriggi, con rispettiva prole, al parco, e, a volte, andiamo a prenderci un aperitivo: succo per lei, birra per me. Io e Sally, malgrado i problemi linguistici, ci capiamo, parliamo un assurdo gramlot fra inglese ed italiano.
Altri pomeriggi li trascorriamo in biblioteca: leggendole favole le sto dando lezioni di italiano, lei ha promesso che mi insegnerà l’inglese. Ci incontriamo il pomeriggio, quando chiude l’asilo. Io e Sally ridiamo molto assieme. Ridiamo delle nostre ansie e anche dei nostri sforzi comunicativi. Io e Sally soprattutto non siamo spaventate dalle nostre rispettive differenze, ciò che ci spaventa è un improvviso colpo di tosse dei bambini, una loro caduta, una loro lacrima, la febbre alta. Io e Sally parliamo la lingua universale delle mamme, pur consapevoli che ogni mamma, ogni donna, è un universo a sé, al di là di banali cliché da far cadere come un macigno su ognuna di noi. Io e Sally siamo belle da vedere. È una bella sensazione estetica: lei scura, io chiara, lei velata io proprio no, lei acqua e sapone, io mi presento all’asilo già di prima mattina truccata di tutto punto, io e lei ci piacciamo. Sally ha degli occhi azzurro mare che sembrano voler andare ben al di là dei suoi confini nazionali. I suoi occhi testimoniano l’inaspettato, per noi occidentali così “meravigliati” di tale infinito azzurro in terra di Egitto. I suoi occhi scalfiscono uno stereotipo. La nostra amicizie è la riprova che le differenze sono arricchimento, e che le persone, semplicemente, possono piacersi o non piacersi. Le persone si scelgono, in base ad una cosa che si chiama empatia, tutto il resto è l’applauso di un pubblico/spettatore regalato ad un politico di terzo ordine.
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