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"Invernale": anatomia di un classico moderno

Quando Italo Calvino si prodigò nella definizione della nozione di “classico”, ebbe il buon senso di non concludere il concetto, ma di lasciare spiragli aperti sul futuro di una letteratura che, per quanto ormai degradata a mero prodotto commerciale, avrebbe potuto generare qualche testo degno del suddetto appellativo. 

Il giaco e lo stiletto

La vita, si sa, non ci esenta da improvvisi quanto dolorosi colpi di stiletto che trapassano impietosi il nostro personale giaco costituito da affetti, ricordi, convenzioni e convinzioni che, nel corso del tempo, con pazienza e spirito di autoconservazione, accumuliamo per non soccombere dinanzi all’inevitabile inverno di certi giorni. 

Elogio (spudorato) di Jep Gambardella

In una Roma sospesa tra l’afa e la gloriosa storia millenaria ‒ prezioso museo a cielo aperto di cui, spesso, l’italiano medio si rende indegno con la sua indifferenza ‒, si consuma la vicenda esistenziale ed artistica di Jep Gambardella, magistrale protagonista de La grande bellezza, testo di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello divenuto, ben presto, pellicola insignita di premio Oscar nell’ormai lontano 2014. 

L'attesa e il piacere

L’attesa è, a ben vedere, la cifra comune delle nostre vite. Essa è radicata a tal punto nelle esistenze umane da poter essere accostata addirittura alla paura, la più ancestrale delle emozioni, che a conti fatti non è altro che l’attesa amplificata di un ignoto evento che potrebbe o non potrebbe verificarsi e che, nell’incertezza, attiva meccanismi istintuali di sopravvivenza. 

Il patibolo e la grazia

Inizierò con un aneddoto. Si racconta che lo scrittore russo Lev Nikolàevič Tolstoj (1828-1910) ricevesse quotidianamente per corrispondenza centinaia di versi di improvvisati poeti in cerca di un’approvazione e con sogni di visibilità. Soffocato dalle molteplici lettere, egli si lamentò della «perniciosa epidemia di poesia» che imperversava in quegli anni, ma il fenomeno non si stemperò né si interruppe e Tolstoj, quasi esasperato, passò all’azione decidendo di rispondere a questa singolare proliferazione poetica con delle cartoline su cui campeggiava un timbro riportante per tutti il medesimo testo: «Lev Nikolàevič ha letto i vostri versi e li ha trovati molto scadenti. In generale, non vi consiglia di dedicarvi a questa attività». 

La filosofia e la compressa

Benché breriano sfegatato, una colpa gravava su di me: quella di ignorare completamente l’esistenza di un libello intitolato Introduzione alla vita saggia che lo scrittore di San Zenone Po aveva licenziato nell’ormai lontano 1974.
Un caro amico ‒ breriano anch’egli fino alle midolla ‒ me ne fece gradito dono in occasione della presentazione di un suo libro di versi e il Caso ‒ dotato dell’imprevedibilità dei matti ‒ dispose il mio incontro con questo insolito testo di Brera in un piovoso pomeriggio autunnale. 

Di paesaggi guariti e memorie risanate

L’umanità ha da sempre avuto un atteggiamento bifronte nei confronti della memoria e la letteratura, fedele specchio della vita e dei tempi, ha provveduto in più occasioni a registrarne gli esiti.
Da un lato, si è sviluppato un senso di repulsione verso il ricordo. Ne dà testimonianza l’argentino Jorge Luis Borges (1899-1986) che, in uno degli scritti contenuti nel volumetto filosofico-letterario intitolato Altre inquisizioni, racconta un episodio particolarmente significativo: «Il fuoco, in una delle commedie di Bernard Shaw, minaccia la biblioteca di Alessandria; qualcuno esclama che brucerà la memoria dell’umanità, e Cesare gli dice: Lasciala bruciare. È una memoria d’infamie».

Bernhard, un eccentrico a Ferramonti

Dottissimo, visionario, incrollabilmente fiducioso nell’azione di una Provvidenza ‒ solo in parte cristiana ‒ figlia spuria di un sincretismo che miscela credenze, avvicina epoche, abbraccia Oriente e Occidente, amalgama saggezze e vite di uomini profondamente diversi tra loro nello spazio e nel tempo, Ernst Bernhard (1896-1965) trasmuta la costrizione della condizione di internato in un itinerario di analisi dei meandri più riposti della propria psiche. 

"Morimondo", epopea di acqua e di carta

Ci sono viaggi che scuotono le esistenze anestetizzate dall’illusorio scintillio di un capitalismo divenuto sempre più inumano e incapace di contemplare al suo interno spazi riservati alla bellezza e al silenzio.

"Morimondo", epopea di acqua e di carta

Ci sono viaggi che scuotono le esistenze anestetizzate dall’illusorio scintillio di un capitalismo divenuto sempre più inumano e incapace di contemplare al suo interno spazi riservati alla bellezza e al silenzio.

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