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L'organizzazione Acanto solleva dubbi circa il piano per la gestione dei cinghiali

  • Resi noti i rischi legati all'uso di armi e alla mancanza di controlli
L'organizzazione Acanto solleva dubbi circa il piano per la gestione dei cinghiali

CASTROVILLARI - «Sarà consentito sparare di giorno e di notte in qualsiasi periodo dell’anno, persino dalle auto e nelle zone protette. Rischi enormi per l’incolumità di escursionisti, ciclisti, raccoglitori di funghi e agricoltori».

Lo afferma una nota dell'organizzazione di volontariato Acanto, che prosegue così: «Nel dicembre 2024 la Giunta Regionale del Presidente Roberto Occhiuto ha varato il Piano straordinario per la gestione e il contenimento del cinghiale. Si prevede in cinque anni l’abbattimento di 240.000 animali, senza che la stessa Regione abbia la più pallida idea di quanti siano gli esemplari di questa specie presenti sul territorio calabrese. Infatti nel Piano per l’eradicazione della PSA 2024 di durata quinquennale, la Regione stimava una presenza di 150.000 esemplari, che a dicembre 2024 risulterebbero miracolosamente raddoppiati (300.000). La cosa gravissima è che la selezione non verrà svolta da personale qualificato (Carabinieri Forestali o Polizie Provinciali), ma anche da squadre di cacciatori “formati”. Cioè soggetti la cui attività causa ogni anno in Italia decine di morti e centinaia di feriti, molti dei quali, vittime causate proprio da battute al cinghiale (https://www.vittimedellacaccia.org/). Nella sostanza i cacciatori, che sono all’origine del problema - in quanto i cinghiali oggi in soprannumero sono stati immessi per anni su loro richiesta dalle varie amministrazioni provinciali con grave sperpero di danaro di tutti noi cittadini- sono oggi chiamati a risolverlo, ovviamente sprecando ulteriori soldi pubblici. L’enorme attività di selezione prevista, che nessuno sarà in grado di controllare, costituirà un grave rischio per gli altri animali protetti (rapaci, lupi, caprioli ecc.), visti gli altissimi tassi di bracconaggio presenti in Calabria e la cronica carenza di controlli venatori. Ma costituirà una minaccia anche per coloro che frequentano le campagne e le montagne, gli amanti della natura, dal momento che centinaia di persone armate potranno girare di giorno e di notte, sparando con armi micidiali e di lunga gittata persino “nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto (art.19 ter, comma 3 della L.157/92)”. Il Presidente Occhiuto, che sostiene di volere incentivare il turismo naturalistico e che invita i turisti, anche stranieri, a visitare la Calabria, autorizza poi per cinque anni attività altamente pericolose, poste in essere da soggetti, alcuni dei quali formati solo sulla carta. E per combattere cosa? Se l’intento è quello di contrastare la Peste Suina Africana è del tutto inutile, dal momento che la PSA NON è presente sul territorio regionale calabrese, così come riporta l’Osservatorio Epidemiologico Veterinario presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno – dato al 20 dicembre 2024 – (https://oev.izsmportici.it/psa-aggiornamento-situazione-epidemiologica-regione-calabria-al-20-dicembre-2024/). La nostra associazione ritiene che non si possa più accettare passivamente le volontà cruenti della “lobby venatoria” che, a braccetto con una certa classe politica compiacente, sta di fatto liberalizzando la caccia sul territorio nazionale. Da almeno due anni assistiamo al massacro di decine di migliaia di animali selvatici senza che ciò abbia portato a risultati concreti, come ad esempio la diminuzione dei danni che questi causerebbero all’agricoltura (vedasi i dati presenti nel suddetto “Piano gestione e contenimento del cinghiale” 2025 della stessa Regione Calabria). Evidentemente tali metodi non funzionano, anzi non fanno che aggravare il problema, dal momento che la caccia in braccata, disperdendo e destrutturando i branchi, ne aumenta la prolificità e aggrava le possibilità di contagio».

© Riproduzione riservata

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