Il vescovo invita chi ha visto a denunciare: "Non possiamo tentennare" In evidenza
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SAN LORENZO DEL VALLO - «Davanti a queste cose non si può tentennare, un omicidio così efferato e così spregiudicato come quello avvenuto qui ieri, dice il livello di guardia superato e dice, soprattutto, la violazione di questo luogo sacro che non è tanto il cimitero quanto la persona». Così mons. Giuseppe Satriano, vescovo della Diocesi di Rossano-Cariati esordisce ai nostri microfoni prima del momento di preghiera previsto per le ore 18 nella chiesa di San Lorenzo del Vallo.
Tanta la gente ad attenderlo, molti però sono di fuori paese, accorsi per rispondere all'appello che il presule ieri aveva lanciato organizzando questa serata. C'è tanta paura nel piccolo paesino della Valle dell'Esaro e la gente sta rintanata in casa. È scossa per la tragica fine delle due donne ammazzate nell'ultima domenica di ottobre. E il vescovo ribadisce come «la persona ormai sia ridotta a niente» e come venga «calpestata in tutta la sua dignità». E aggiunge: «Un paese come San Lorenzo e una chiesa come quella di Rossano-Cariati non possono rimanere in silenzio e devono, ripartendo da Cristo, rialzare il livello dell'asticella, proprio sulla dignità della persona. Se siamo arrivati a questo livello -continua- c'è da farsi un esame di coscienza, tutti quanti: autorità civile e popolazione. Perché vuol dire che non si è lavorato, perché siamo in una condizione di sottomissione che non può essere più tollerata. Dobbiamo quindi riprendere in mano le redini e reimpossessarci di un percorso educativo. Ci schieriamo dalla parte della persona e non dalla parte del silenzio autoreferenziale e dell'egoismo che, attraverso i percorsi della paura, porta a chiuderci dentro noi stessi. Siamo chiamati a dire con i fatti che la città ci appartiene così come ci appartiene ogni uomo di questo paese».
Subito dopo il vescovo ha aperto la funzione religiosa nella quale non ha mancato di rivolgersi alla popolazione, parlando di “eventi spregiudicati” e invitando a “pregare per le vittime e per i carnefici”. «È importante -ha detto- raccoglierci nella preghiera, facendo nostre le parole del papa a Cassano. L'eucarestia -ha aggiunto- ci insegna qualcosa di diverso. Dalla croce Cristo non ha rapinato la vita di nessuno. Oggi chiediamo di far crescere la comunità in un atteggiamento di responsabilità verso gli altri». Ha poi ribadito come si sia “calpestata” la vita e la dignità ammonendo: «Non possiamo rimanere in silenzio perché questo grida alle coscienza di ognuno di noi. Ho sentito immediato il dovere di far uscire una parola e non lasciarvi soli sennò la paura la fa da padrone. Noi siamo fatti per la gioia. Non possiamo essere schiacciati dal maligno. Dobbiamo ripartire ponendo al centro il tesoro della nostra vita, il Cristo morto e risorto. Ripartiamo da questo, non siamo soli e non dobbiamo avere paura. Ora basta!». Quindi l'invito a partecipare ad una processione silenziosa verso il cimitero. «Ieri eravamo tutti rintanati per paura. Stasera -ha evidenziato- diremo noi ci siamo. I gesti devono trovare una connessione reale nell'esistenza di ogni giorno. C'è bisogno di gesti forti come la denuncia, perché non non si può essere complice del male». E sulle note del “Misericordes sicut pater”, inno del Giubileo della Misericordia, sei candele accese sono state poste ai piedi dell'altare: «Sei candele accese -ha detto don Satriano- per ricordare le vittime e i carnefici». In chiusura ha detto ancora una volta: «Non sentiamoci soli!». Poi la processione verso il cimitero dove il vescovo ha detto: «Abbiamo camminato dalla chiesa a qui per riprendere possesso di questo cimitero, che è il nostro luogo sacro dove sono conservati i ricordi e gli affetti delle persone care. Un luogo che è stato barbaramente violato. Ma Questa sera la nostra presenza e le lampade accese dicono che questo luogo è nostro, che nessuno ci può togliere ciò che ci è caro e che nessuno deve azzardarsi a minare la nostra vita e la gioia del nostro vivere. Ritorniamo a casa più forti ma anche più desiderosi di non fermarci. Invito tutti ad avere i coraggio della denuncia nella propria vita, innanzi tutto nella testimonianza di una vita sana e poi attraverso quei gesti di responsabilità civica che dicono che questo non può accadere. Noi siamo stati sfidati in questo luogo, qualcuno ci ha voluto far capire che è lui il padrone della situazione ma noi non possiamo mettere la nostra vita nelle mani di chi ce la strappa. Dobbiamo avere il coraggio di denunciare. So che è duro ma lascio questo invito alla coscienza di ciascuno, fiducioso che l'amore di Dio dia la forza a chi ha visto di denunciare. Lo dobbiamo a noi stessi e al futuro dei nostri figli».
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