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Mario Gaudio

Mario Gaudio

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Dal dischetto della vita

Dopo l’emozionante e profondo Invernale, Dario Voltolini ci regala un racconto la cui semplicità convive in perfetta armonia con interessanti spunti formativi veicolati per mezzo dello sport, non più inquadrato come esercizio di mero agonismo, ma rappresentato nei suoi aspetti intuitivi che, in alcuni casi, rasentano addirittura spunti di misticismo. 

"Invernale": anatomia di un classico moderno

Quando Italo Calvino si prodigò nella definizione della nozione di “classico”, ebbe il buon senso di non concludere il concetto, ma di lasciare spiragli aperti sul futuro di una letteratura che, per quanto ormai degradata a mero prodotto commerciale, avrebbe potuto generare qualche testo degno del suddetto appellativo. 

Il giaco e lo stiletto

La vita, si sa, non ci esenta da improvvisi quanto dolorosi colpi di stiletto che trapassano impietosi il nostro personale giaco costituito da affetti, ricordi, convenzioni e convinzioni che, nel corso del tempo, con pazienza e spirito di autoconservazione, accumuliamo per non soccombere dinanzi all’inevitabile inverno di certi giorni. 

Elogio (spudorato) di Jep Gambardella

In una Roma sospesa tra l’afa e la gloriosa storia millenaria ‒ prezioso museo a cielo aperto di cui, spesso, l’italiano medio si rende indegno con la sua indifferenza ‒, si consuma la vicenda esistenziale ed artistica di Jep Gambardella, magistrale protagonista de La grande bellezza, testo di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello divenuto, ben presto, pellicola insignita di premio Oscar nell’ormai lontano 2014. 

L'attesa e il piacere

L’attesa è, a ben vedere, la cifra comune delle nostre vite. Essa è radicata a tal punto nelle esistenze umane da poter essere accostata addirittura alla paura, la più ancestrale delle emozioni, che a conti fatti non è altro che l’attesa amplificata di un ignoto evento che potrebbe o non potrebbe verificarsi e che, nell’incertezza, attiva meccanismi istintuali di sopravvivenza. 

Il patibolo e la grazia

Inizierò con un aneddoto. Si racconta che lo scrittore russo Lev Nikolàevič Tolstoj (1828-1910) ricevesse quotidianamente per corrispondenza centinaia di versi di improvvisati poeti in cerca di un’approvazione e con sogni di visibilità. Soffocato dalle molteplici lettere, egli si lamentò della «perniciosa epidemia di poesia» che imperversava in quegli anni, ma il fenomeno non si stemperò né si interruppe e Tolstoj, quasi esasperato, passò all’azione decidendo di rispondere a questa singolare proliferazione poetica con delle cartoline su cui campeggiava un timbro riportante per tutti il medesimo testo: «Lev Nikolàevič ha letto i vostri versi e li ha trovati molto scadenti. In generale, non vi consiglia di dedicarvi a questa attività». 

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