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Esiste ancora una questione meridionale?

Esiste ancora una questione meridionale?

La questione meridionale nasce all’indomani dell’unità d’Italia a causa delle difficili condizioni economico-sociali in cui si è venuto a trovare il Mezzogiorno. La definizione di questione meridionale la troviamo per la prima volta nel 1873 in un discorso parlamentare sul Mezzogiorno d’Italia, da quel momento è divenuta simbolo della precarietà del meridione. Per poter parlare della questione meridionale bisogna esaminare le condizioni in cui versava il Regno delle Due Sicilie prima dell’arrivo di Garibaldi. Nella ricostruzione della storia economica e politica del Regno di Napoli ci possiamo rifare a due studi condotti dal professor Paolo Malanima, direttore dell’istituto di studi sulle società del Mediterraneo del CNR, e del professor Vittorio Daniele dell’università “Magna Grecia” di Catanzaro che hanno svolto una ricerca approfondita sul Prodotto Interno Lordo del Nord e del Sud Italia nel 1861.

Le ricerca hanno mostrato che il divario tra il nord e il sud è iniziato subito dopo l’unificazione; infatti il Meridione presentava alcuni punti di vantaggio rispetto al Settentrione: nel Sud esistevano circa 100 industrie metalmeccaniche, a Pietrarsa era stata impiantata un’industria che risultava la più grande non solo del regno di Napoli ma dell’Italia intera estesa su una superficie di 34 mila metri quadrati in cui si costruivano oltre a motori per navi, anche locomotive, vagoni e apparecchiature di alta tecnologia utile per la costruzione della prima ferrovia italiana: Napoli-Portici. Il cantiere di Castellammare di Stabbia, con 1.800 operai, era il primo d’Italia per grandezza, si costruivano, inizialmente, imbarcazioni ad uso mercantile e, successivamente, militare. Sotto Ferdinando II ci fu un ampliamento e rimodernamento del cantiere e si portò avanti lo sviluppo su larga scala del vapore. Con Francesco II, il 18 gennaio 1860 fu varata la Borbone, di 3680 tonnellate, che chiuse l’era dei pesanti vascelli di legno a poppa tonda, potenti ma non molto veloci; dal 1840 al 1860 furono costruite, nel cantiere di Castellammare, navi per un totale di oltre 43mila tonnellate di stazza; già dal 1850 era pronto il vascello “Monarca” con 70 cannoni, la più grande nave da guerra costruita in Italia, trasformata, dieci anni dopo, in propulsione ad elica.
Solo quindici anni più tardi il re di Sardegna fece riprodurre presso Genova il primo stabilimento metalmeccanico sul modello di quello del Regno di Napoli.
Oltre all’industria meccanica, fiorente risulta essere l’industria tessile, con la lavorazione del cotone, della lana e della seta i cui stabilimenti erano sparsi in tutto il regno, ed occupavano circa 1000 operai pero ogni opificio, esportando i prodotti in tutta Europa. Dopo l’unificazione questa fiorente industria fu in parte trasferita in regioni del nord come il Piemonte anche se solo sui tre principali stabilimenti salernitani erano attivi 50mila fusi contro i 100mila di tutta la regione Lombarda.
La scarsa competitività delle industrie meridionali, nate con un sistema protezionistico, e la mancanza di investimenti successivi all’unificazione, ne determinarono il declino fino alla chiusura definitiva delle stesse.
Anche per quel che riguarda l’agricoltura, pur in presenza di un latifondo diffuso, non mancavano condizioni di eccellenza nella produzione di frumento, olio e vino. Inoltre la condizione dei contadini pur nella precarietà di quel sistema, non appariva degradata come lo sarà dopo l’unificazione, dal momento che essi godevano di alcuni diritti che, pur risalenti al medioevo, consentivano di utilizzare le terre demaniali per uso privato (diritto di pascolo, diritto di legnatico, diritto di coltivazione di piccoli appezzamenti). Con questo non vogliamo dire che l’Italia meridionale godeva di una condizione ottimale e idilliaca ma vogliamo semplicemente affermare che pur nell’arretratezza non differiva di molto dalle altre regioni italiane.
Analizzando i dati che ci forniscono i due studiosi precedentemente menzionati possiamo dire che il PIL delle regioni Meridionali nei primi anni dell’unità d’Italia era uguale se non superiore a quello delle regioni del nord. A sostegno di quest'affermazione portiamo a testimonianza un premio che vedeva il Regno delle due Sicilie al terzo posto al mondo (primo in Italia) ottenuto nel 1856 all’esposizione internazionale di Parigi.
Per concludere la questione meridionale è nata con l’Italia e rappresenta il frutto di una politica di repressione nei confronti delle popolazioni meridionali chiamate briganti, che Gramsci definì “la dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando , fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”.

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