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Antonucci e De Rose prosciolti perché il fatto non sussiste In evidenza

Antonucci e De Rose prosciolti perché il fatto non sussiste
Agos

SPEZZANO ALBANESE – Con una sentenza di non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste, si chiude, per due dei quattro imputati, la vicenda inerente la coltivazione di piante di canapa indiana venuta a galla dopo un'operazione dei Carabinieri della Compagnia di San Marco Argentano nel comune di Spezzano Albanese. Si tratta di Giuseppe De Rose del comune arbëresh e di Armando Antonucci, di Tarsia, difesi dagli avvocati Carlo e Lucio Esbardo, che con la sentenza dello scorso 27 aprile hanno potuto mettere fine a questa articolata vicenda.

I fatti risalgono al 12 luglio 2015 quando i Carabinieri della stazione di Spezzano, assieme ad altri militari guidati dall'allora comandante, capitano Giuseppe Sacco, nelle prime luci dell'alba fecero un blitz su un terreno di circa 3800 metri quadrati ospitante 6 serre nelle quali vennero trovate ben 2504 piante di canapa indiana in diversi stati di crescita e con altezza variabile tra i 25cme e oltre un metro e mezzo. Inoltre, in un capanno vennero rinvenuti circa 43kg di marijuana già essiccata e 700 semi di canapa provenienti dall'estero.
In quella circostanza De Rose e Antonucci, nella ricostruzione che ha portato alla decisione di proscioglimento, il giudice Luca Colitta scrive che l'auto su cui viaggiavano si accingeva ad entrare nel terreno. Superata la soglia, i due venivano fermati dai militari e perquisiti e trovati in possesso di 2550 euro (Antonucci) e 300 euro (De Rose). Queste somme fecero scattare il sospetto che i due fossero andati lì per fare acquisti di stupefacente. Il giudice, però, nella sua decisione chiarisce: «La circostanza che gli imputati siano stati bloccati non appena essi hanno varcato il cancello d'ingresso del terreno non consente se non di ipotizzare quali fossero le loro intenzioni. Appare quindi difettare il requisito dell'univocità degli atti compiuti. Né ciò può desumersi dal fatto in sé che essi detenessero una somma di denaro (peraltro non particolarmente rilevante per il De Rose). Nulla infatti consente di ritenere con ragionevole certezza che le somme rispettivamente detenute dovessero essere impiegate per l'acquisto di sostanze stupefacenti». Alla luce di queste considerazioni, dunque, la sentenza è quella di non luogo a procedere nei confronti di Antonucci e De Rose perché il fatto non sussiste.

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