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Il patibolo e la grazia

Inizierò con un aneddoto. Si racconta che lo scrittore russo Lev Nikolàevič Tolstoj (1828-1910) ricevesse quotidianamente per corrispondenza centinaia di versi di improvvisati poeti in cerca di un’approvazione e con sogni di visibilità. Soffocato dalle molteplici lettere, egli si lamentò della «perniciosa epidemia di poesia» che imperversava in quegli anni, ma il fenomeno non si stemperò né si interruppe e Tolstoj, quasi esasperato, passò all’azione decidendo di rispondere a questa singolare proliferazione poetica con delle cartoline su cui campeggiava un timbro riportante per tutti il medesimo testo: «Lev Nikolàevič ha letto i vostri versi e li ha trovati molto scadenti. In generale, non vi consiglia di dedicarvi a questa attività». 

La filosofia e la compressa

Benché breriano sfegatato, una colpa gravava su di me: quella di ignorare completamente l’esistenza di un libello intitolato Introduzione alla vita saggia che lo scrittore di San Zenone Po aveva licenziato nell’ormai lontano 1974.
Un caro amico ‒ breriano anch’egli fino alle midolla ‒ me ne fece gradito dono in occasione della presentazione di un suo libro di versi e il Caso ‒ dotato dell’imprevedibilità dei matti ‒ dispose il mio incontro con questo insolito testo di Brera in un piovoso pomeriggio autunnale. 

Di paesaggi guariti e memorie risanate

L’umanità ha da sempre avuto un atteggiamento bifronte nei confronti della memoria e la letteratura, fedele specchio della vita e dei tempi, ha provveduto in più occasioni a registrarne gli esiti.
Da un lato, si è sviluppato un senso di repulsione verso il ricordo. Ne dà testimonianza l’argentino Jorge Luis Borges (1899-1986) che, in uno degli scritti contenuti nel volumetto filosofico-letterario intitolato Altre inquisizioni, racconta un episodio particolarmente significativo: «Il fuoco, in una delle commedie di Bernard Shaw, minaccia la biblioteca di Alessandria; qualcuno esclama che brucerà la memoria dell’umanità, e Cesare gli dice: Lasciala bruciare. È una memoria d’infamie».

Bernhard, un eccentrico a Ferramonti

Dottissimo, visionario, incrollabilmente fiducioso nell’azione di una Provvidenza ‒ solo in parte cristiana ‒ figlia spuria di un sincretismo che miscela credenze, avvicina epoche, abbraccia Oriente e Occidente, amalgama saggezze e vite di uomini profondamente diversi tra loro nello spazio e nel tempo, Ernst Bernhard (1896-1965) trasmuta la costrizione della condizione di internato in un itinerario di analisi dei meandri più riposti della propria psiche. 

"Morimondo", epopea di acqua e di carta

Ci sono viaggi che scuotono le esistenze anestetizzate dall’illusorio scintillio di un capitalismo divenuto sempre più inumano e incapace di contemplare al suo interno spazi riservati alla bellezza e al silenzio.

"Morimondo", epopea di acqua e di carta

Ci sono viaggi che scuotono le esistenze anestetizzate dall’illusorio scintillio di un capitalismo divenuto sempre più inumano e incapace di contemplare al suo interno spazi riservati alla bellezza e al silenzio.

Ardian che voleva svuotare il mare

Mentre, accompagnati dalle spensierate melodie di fatui tormentoni musicali estivi, ci accingiamo ad assaltare con spirito vacanziero gli splendidi e assolati chilometri di costa che circondano il Belpaese, i principali mezzi di informazione continuano ‒ ahimè, stancamente ‒ a raccontare di drammi legati ad immigrazioni che rendono le spiagge italiche agognato punto di arrivo ideale e reale per migliaia di esseri umani il cui bagaglio si riduce ad «una bisaccia vuota e una storia infinitamente piena».

Ardian che voleva svuotare il mare

Mentre, accompagnati dalle spensierate melodie di fatui tormentoni musicali estivi, ci accingiamo ad assaltare con spirito vacanziero gli splendidi e assolati chilometri di costa che circondano il Belpaese, i principali mezzi di informazione continuano ‒ ahimè, stancamente ‒ a raccontare di drammi legati ad immigrazioni che rendono le spiagge italiche agognato punto di arrivo ideale e reale per migliaia di esseri umani il cui bagaglio si riduce ad «una bisaccia vuota e una storia infinitamente piena».

Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

Long Island, 1922. Il giovane e rampante Jay Gatsby allieta centinaia di persone con sontuose feste capaci di attirare nel suo giardino una variegata umanità amante della vita e dei più stravaganti divertimenti. Lo stesso padrone di casa − elegante, ricco e misterioso − sembra godere di queste atmosfere che si consumano tra luminarie, note di jazz e il fruscio degli eleganti abiti femminili. C’è, tuttavia, una ruga che offusca impercettibilmente la fronte serena del giovane milionario e ne condiziona l’esistenza. Si tratta di un antico e mai sopito amore conclusosi, cinque anni prima, a causa della sua non florida situazione economica.

"La storia di Maggese" di Marco Cavaliere

Marco Cavaliere, l'autore di questo piccolo scrigno di emozioni sapientemente impaginate, ha solo 27 anni, ma non è certo nuovo a scritti impegnati e a opere letterarie introspettive.
Nel suo ultimo lavoro, in libreria da poche settimane, questo giovane ingegnere con la passione per penna e calamaio, riesce facilmente a dimostrare che ventisette anni non sono troppi per smettere del tutto di sognare e nemmeno pochi per credere in un altro mondo possibile.

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