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Io, Ginevra e il sistema

Anche in terra di Lombardia esistono delle domeniche autunnali bellissime, in cui il sole di questa splendida stagione sembra volerti abbracciare. E’ un peccato, anche per la mia proverbiale pigrizia, starsene a casa. Soprattutto se in un momento di infinita vanità ci si è dedicati ad un trucco perfetto, quasi da settimana della moda (giusto per restare in tema con il capoluogo lombardo) e non volendo sembrare ai miei stessi occhi il protagonista de “l’inquilino del terzo piano” di Polanski (uomo si vestiva da donna, curando i minimi particolari di trucco e parrucco per poi restarsene a casa, o al massimo andare al parco a schiaffeggiare bambini), amo i disadattati ma non sempre mi piace essere una di loro, mi sono decisa ad uscire, con prole a seguito. C’era una specie di festa, tipo un rodeo texano, e stand, e gente, e innumerevoli bimbi, e Ginevra urlante, concitata, bellissima, felice.

Le opinioni di un donna più che trafelata

Più che trafelata sono indignata, più che indignata sono sgomenta, più che sgomenta sono atterrita. E’ successo ancora: una donna, una giovane donna, una ragazzina di sedici anni è stata uccisa da chi diceva di amarla. Il termine “fidanzatino” mi è odioso, fa pensare a Prèvert, rimanda alla tenerezza e alla magia del primo amore, rimanda ad un sogno idilliaco e romantico, ma niente mai di romantico potrà esserci nella violenza. Ora, come sempre, come troppo spesso succede, nei vari talk, così come nelle strade e nei bar, tutti giuristi dell’ultima ora, tutti novelli Cesare Beccaria a discorrere, banalmente, “dei delitti e delle pene”. La folla addita “il mostro”, quella stessa folla che farebbe bene a stare a casa propria. Perché quel “mostro” così come la vittima sono i nostri figli. Figli di una cultura ancora patriarcale e maschilista, dove la parità di genere sembra essere un privilegio per signore borghesi dell’alta società.

Ginevra e Mia

Ginevra e Mia sono due bimbe di tre anni e mezzo l’una, di non ancora tre l’altra. Ginevra e Mia sono amiche, come si può esserlo a quell’età: un misto di opportunismo e entusiasmo e tenerezza e rabbia definisce il loro legame. Ginevra e Mia sembrano voler dare ragione ad Oscar Wilde: “Le donne si chiamano sorellina solo dopo essersi chiamate in tanti altri modi”. Ginevra e Mia potrebbero scatenare l’inferno per una bambola ambita da entrambe, anche se attorno a loro ci sono altri tremila giocattoli. Ginevra e Mia non stanno mai ferme o zitte. Si abbracciano, ballano assieme, cantano, litigano, e poi si riabbracciano, tutto nello stesso istante. Uscire con Ginevra e Mia è divertente e stancante: è un marasma di emozioni e crisi mammesche. Ginevra e Mia cresceranno, e forse saranno ancora amiche.

Tecniche di sopravvivenza in attesa del bus

Ore otto ed un quarto del mattino. Io e Ginevra aspettiamo l’autobus che ci porterà all’asilo. Passerà fra dieci minuti, traffico permettendo. La primavera non è ancora inoltrata, non è al suo pieno splendore, ma si sente nell’aria, con essa anche sbalzi termici e conseguenziali mal di gola per mamma e figlia. Ma cosa vuoi che sia un mal di gola, rispetto al sole e ai fiori che riempiono di bellezza il paesaggio e l’anima? La mattina, come ogni mattina, è iniziata presto (ore 7.00, già tutti in cucina), fra un misto di concitazione, la colazione per Ginevra, sottofondo i cartoni, ancora tanto sonno, e l’agognato caffè come una rianimazione! L’attesa di un autobus con bimba treenne ed impaziente a seguito può essere davvero lunga!

La mamma, "La più campionessa del reale"

I giorni, con il loro ritmo serrato ed inesorabile, non sempre possono essere vissuti con poetica leggerezza. Io resto convinta che essa sia più che necessaria: assieme alla bellezza ci salverà. Nell’attesa della salvezza ci tocca vivere, con tutto ciò che l’agire quotidiano comporta. Assaporare gli istanti a volte è più impegnativo che crearli, c’è sempre un’urgenza. Un impegno, un tram da prendere, un orario al quale attenersi  senza deroghe alcune: la vita non aspetta, la Lombardia men che meno… Il semplice chiacchierare con il proprio compagno di vita diventa una corsa agli ostacoli, un inseguire le parole, continuamente interrotti da bimba treenne (lei sì poetica e leggera, inconsapevolmente e sempre). D’altronde lei abita totalmente il presente, l’attimo che fugge, il “poi”, o “dopo” o “aspetta” non sono contemplati nella sua sete di vita, e parole, e giochi, e caos.

La pioggia non bagna il nostro amore

Dopo tempo, dopo troppo tempo, anche in Lombardia è arrivata la pioggia. Pioggia salvifica, spazzerà via un po’ di inquinamento. Il cielo, per dirla con Guccini, “È un qualche cosa di viola carico”. Consapevole che il benessere del pianeta viene molto prima dei miei piccoli problemi quotidiani, mi preparo al mio tragitto quotidiano verso l’asilo, con Ginevra per mano e munita di ombrelli, piumini, borse e borsette, e tutta (o quasi) la pazienza del mondo. L’autobus in ritardo, succede anche in Lombardia, Ginevra che ha trovato il suo passatempo mattutino nell’attesa: togliersi e mettersi il cappello, giocando con l’ombrello in una sua personalissima rivisitazione di “I sing in the rain”. E finalmente l’autobus arriva.

Di poesia e corse quotidiane…

I bambini, come è ampiamente risaputo, hanno i loro tempi, un po’ al di là della frenesia contemporanea. Vivono poeticamente il presente, l’attimo che fugge, il concetto di “poi” o “dopo” è molto relativo, ciò crea anche la loro impazienza. Assaporare il momento, vivere con leggerezza è arte allo stato puro, e molte volte anche utopia. Il tempo che scorre esiste, così come esistono orari di tram ed autobus. Io non vivo il mondo dorato (ed anche abbastanza monotono) degli spoot pubblicitari. Mi muovo, anche con qualche difficoltà, nel mondo reale. La mattina a casa mia i sorrisi non si sprecano: sono una conquista. La colazione i cartoni mattutini (sì lo so non si dovrebbe…) il passaggio dal pigiama ai vestiti è una vera corsa contro il tempo, più che nel Mulino Bianco tutti e tre veniamo catapultati in un film di Indiana Jones.

Il centro commerciale, Masha ed Orso, io e mio padre

Riprende il ritmo delle cose, fra alti e bassi emotivi, l’attesa di un pieno autunno, (adoro questa stagione), le piogge sottili settembrine, i primi raffreddori, la scuola materna e le visite al centro commerciale. Come ho avuto modo più volte di scrivere non amo particolarmente questi posti, dei non luoghi, dove il senso dello stare assieme si svilisce in qualche modo, e dove fra acquisti compulsivi e le varie “offerte incredibili” anche noi diveniamo un po’ merce, confusi con i prodotti che acquistiamo. Come se essi riuscissero a riscattare in qualche modo le frustrazioni che assimiliamo. Che subiamo. Delle quali, a volte, ci nutriamo. Detto ciò devo ammettere di essere distratta (capita la domenica di essere senza qualcosa che ci serve), ed aggiungere, cosa ancora più rilevante, che i fine settimana il centro commerciale di solito organizza incontri fra bimbi ed i loro “idoli”. Ginevra, due anni e mezzo, ha il diritto, al momento, di essere anche conforme, di amare ciò che amano tutti i bimbi (già canta CCCP ed affini, non vorrei venisse crocifissa in sala mensa...).

Impressioni di settembre (e la scuola materna)

Anche questo anno, come ogni anno, l’estate è finita. Anche questo anno, come ogni anno, è tornato settembre con tutto il suo carico di malinconia, e di ri-inizio, d’altronde settembre è un po’ un capodanno morale. È il mese che dopo la lunga pausa estiva tutto riprende, guccinianamente il “mese dei ripensamenti sugli anni e sull’età”. Il mese delle perplessità. Ed io, come ad ogni settembre, mi sento un po’ personaggio in cerca d’autore, e mentre provo a divenire autrice di me stessa, sistemando vari pezzi di me, l’abbronzatura, (dato il mio essere quasi diafana) conquistata a fatica, velocemente svanisce, ed il caldo persiste. Questo settembre ha da subito un nuovo inizio: la scuola materna di Ginevra. Lei assetata di vita ha accettato con entusiasmo la novità. È felice! Non un capriccio, non una lacrima. A dire il vero è anche stata preparata all’evento. Nessuna lacrima da parte di nessuno: i bimbi hanno il diritto alla libertà, a stare fra simili, poi per essere sinceri sinceri uscita dalla scuola materna una lacrimuccia ha fatto capolino, ma gli occhiali neri da diva hanno molteplici funzioni. E così le mie, le nostre, giornate diventano più frenetiche e piene: sveglia alle 6.00, tram, andate e ritorni, ed in men che non si dica siamo passati dai CCP a “Caramella, caramella”... La vita fa il suo corso. Il punk rock cede il passo alla poetica infantile di mia figlia. Le nostre serate si dipingono di colori, giochi, entusiasmi, un eterno asilo dalle nevrosi adulte, anche dal mio cercarmi, trovandomi, pur senza impegno, nelle note di “Buttiamo la tristezza dal balcone”, e allora sì, Ginevra cara, hai ancora una volta ragione tu: incertezze, titubanze settembrine, buttiamole tutte via, dalla finestra, perché questo tuo nuovo inizio sta insegnando anche qualcosa a me: rientrare in contatto con il nostro aspetto ludico. Respirando la vita. Facendoci anche accarezzare da essa. L’aria settembrina presto cederà il posto a questa lunga estate, i colori dell’autunno ci avvolgeranno come un caldo abbraccio, tutto riprenderà, assieme ai tuoi sorrisi, alle tue canzoni, ed io, fra articoli rimandati, lavoro, stress mammesco, ancora troverò ristoro nel mio vederti crescere: Buon inizio Ginevra. Buona vita, sempre.

Ore 20.30. E Ginevra dorme (Buona festa della mamma a tutte)

Ore 20.30. Ginevra si è appena addormentata. D’altronde la mattina si veglia alle 7.00, anche un po’ prima, e si fa una lunga, estenuante (per me, per noi genitori che navighiamo a vista) “tirata”: il riposino pomeridiano non è per lei. Ginevra vive intensamente 13 lunghe ore di giochi, non si ferma mai, ed io con lei. Saltella, vibra nell’aria, l’annusa, la respira, la riempie di cioccolata, bambole e dinosauri, succo, latte, cartoni, amore, vita. Di lei. E corre su e giù, fra cortile e margherite, assetata di primavera, che a volte fa capolino anche qui, in terra lombarda. Ore 20.30. Ginevra si è appena addormentata e la voglia irrefrenabile di scrivere mi assale. Il respiro di mia figlia e la lavastoviglie, il mio sottofondo. I giocattoli da risistemare. Mio marito li guarda con un misto di tenerezza e diffidenza. Io non posso far macerare la voglia di parole dentro di me: la devo assecondare. Inizio il mio viaggio. Ore 20.30. Ginevra dorme. Mio marito mi accarezza i capelli, districando, ancora una volta, i nodi dei ricci e dell’anima.

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